Il Pensiero Magico in Oncologia

Pubblicato il 14 Ottobre 2016

Il Pensiero Magico in Oncologia

Capita ogni tanto di leggere un articolo come questo, che promette nuove mirabolanti cure al male del secolo. Addirittura si parla di “sciogliere il cancro”, come se fosse un ghiacciolo. Un farmaco del genere, ammesso che funzioni, potrebbe certo essere migliore di chemioterapie devastanti come il cisplatino e la ciclofosfamide, sostanze fortemente cancerogene che vengono iniettate in vena per la cosiddetta “terapia” di cancri difficili.

Però l'idea di un farmaco miracoloso che risolva definitivamente il problema cancro è un po’ l’illusione dei nostri tempi, un pensiero magico elementare che accomuna gli artefici della ricerca oncologica ufficiale e i seguaci delle cosiddette “terapie alternative”.

I primi credono che questo farmaco verrà prima o poi scoperto in qualche laboratorio futuristico attraverso strumentazioni sempre più sofisticate e, naturalmente, sempre più ingenti finanziamenti.

I secondi credono che basterà finalmente sdoganare rimedi come il veleno di scorpione, l’olio di cannabis o il bicarbonato per guarire presto e bene.

Ortodossi e “alternativi” accomunati da un pensiero magico e una filosofia di fondo, fallace quanto improduttiva a livello terapeutico, che vede il cancro come un alieno cattivo, arrivato da chissà dove, che deve essere combattuto ed eradicato con armi sempre più potenti ed efficaci.

Per quello che ho compreso in questi anni di ricerche e studi personali, credo che il cancro sia una malattia sistemica, non riducibile solo a singole "cellule impazzite", ma a uno squilibrio generale dell’intero psico-soma. E questo squilibrio è sempre dovuto a una serie di concause che si alimentano a vicenda nella nascita e la progressione della malattia.

Come ha osservato il filosofo e scienziato Ervin Laszlo “Il riduzionismo è la via sbagliata per tentare di guarire qualsiasi sistema complesso, sia esso una comunità di di cellule o di uomini. Una cellula, un essere umano sono ciò che risultano essere in rapporto al contesto e alle relazioni che intrattengono con le altre cellule e con gli altri individui” (1)

Se questa affermazione è vera, allora l’unica cura definitiva sarà una terapia globale e si troverà solo dall'integrazione dei tre livelli dell’essere umano, fisico, psichico e spirituale.

Una terapia integrata per la cura del cancro dovrà considerare l’importanza fondamentale della corretta alimentazione, la regolazione attraverso il microbiota intestinale del sistema immunitario, la comprensione attraverso l'Epigenetica dei reali meccanismi attraverso cui si esprime il DNA, la predisposizione psicologica a certe malattie e la capacità di superare i traumi subiti e infine, perché no, la risposta alla domanda più importante, che è quella di dare uno scopo e un senso alla propria vita.

 

 

(1) tratto da “Il cancro e la ricerca del senso perduto” - Pier Mario Biava, Ed. Springer 2015

 

Scritto da Gian Paolo Vallati

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